"Saperi, sapori, culture": un blog su cibo, culture e migrazioni nato nell'ambito del progetto "Con i miei occhi, con le mie mani, con le mie parole"

domenica 11 novembre 2012

Narrazioni da mangiare. Contraddizioni in termini?

Mentre il progetto Con i miei occhi, con le mie mani, con le mie parole, si avvia verso la conclusione pubblichiamo un articolo di Lella Di Marco (Associazione Annassim), che riflettendo sul senso e sul significato del "narrare attraverso il cibo" , anticipa alcuni dei temi che saranno al centro della giornata Narrazioni da mangiare, che si terrà al Centro Zonarelli il 1 dicembre .

Narrazioni da mangiare. Contraddizioni in termini? 
Assolutamente no. Si narra e si mangia. Si disegna, si “fumettizza” e poi si mangia . Ma non è una fiera del gusto, un festival sulla cucina etnica, una cena esotica per il commensale della media borghesia che ama l’esotico…, anche se qualcosa di esotico si può trovare ed anche di quello che ultimamente viene chiamato “ cucina etnica”. Noi non abbiamo fatto incontri in cucina finalizzati al mangiare. Al cibo. Abbiamo piuttosto utilizzato gli alimenti, il cibo, la sua preparazione, la manipolazione degli ingredienti per arrivare alla Narrazione - Alle culture. Abbiamo sentito narrazioni per scoprire le Storie e attraverso le storie l’anima e i corpi delle persone. Le loro vite, i loro dolori, sofferenze, gioie, speranze, progettualità. Narrazioni da mangiare è il punto di arrivo del progetto Con i miei occhi, con le mie mani, con le mie parole realizzato con migranti al Centro Intercuturale Zonarelli, a cura delle associazioni di volontariato Sopra i Ponti e Annassim, insieme a Volabo e con il sostegno del Centro Interculturale Zonarelli. Due elementi abbiamo considerato fondamentali nel nostro progetto:
 1. dare voce ai migranti perché esprimessero il loro valore
 2. utilizzare il cibo come medium universale.
Infatti la comunicazione è stata fluida senza intoppi di alcun genere e così se è vero che dietro ogni piatto c'è una storia, è vero che allo Zonarelli abbiamo costruito una biblioteca, un patrimonio di conoscenze e saperi che non possono né devono disperdersi. Un sapere che è fondamentalmente femminile, che si articola in pratiche simili nelle diverse parti del mondo, come la scoperta che, almeno nelle zone mediterranee, sono uguali gli alimenti fondamentali alla base della nutrizione, o che sono simili gli alimenti primordiali o le primordiali forme di preparazione . Così è emersa la capacità tipica delle donne, propensa a manipolare il cibo o a mediare fra loro i vari alimenti, mentre l’uso esclusivo del fuoco, della brace, della carne da arrostire, ancora oggi è una prerogativa maschile (vedi l’impegno degli uomini tunisini, marocchini o pakistani nel cuocere il montone sui tizzoni ardenti in occasione delle festività musulmane). Il cibo come cultura è stato un pretesto per confrontare le culture e comprenderne anche le stratificazioni interculturali. A Palermo mi hanno detto che l’arancina è una metafora del mondo con i suoi ingredienti (riso, pomodoro, zafferano, piselli, burro, olio, pane, parmigiano) provenienti da luoghi diversi e lontanissimi o portati dagli invasori nelle diverse dominazioni. Alimenti importati ma che, come ogni importazione, non rimangono mai allo stato naturale ma subiscono “adattamenti” contribuendo però alla trasformazione del gusto. Narrazioni da mangiare: Con migranti uomini e donne – che hanno preso la parola e scritto in prima persona, perché parlare e scrivere è anche un atto politico che contribuisce all’autoaffermazione e a lasciare traccia del proprio vissuto e della propria appartenenza anche preparando un cibo da mangiare assieme in un atto collettivo: per consolidare relazioni, parlare un linguaggio comune, contribuire ad un processo non tanto di integrazione ma di ibridazione culturale.

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